lunedì 31 gennaio 2011

HARD-FI "Cash machine" (2005)

E’ un pezzo del 2005, del gruppo inglese Hard-fi.

Il video inizia con il cantante davanti a un bancomat che vuole ritirare soldi.
Da qui parte l’originale idea del filmato.
Dentro al bancomat ci sono omini che lavorano: spingono il denaro fuori, scendono con un ascensore nelle profondità (e qui ricordano i minatori), fabbricano e spediscono il denaro, controllano il codice che uno digita, dipingono la regina sulla banconota, abbattono alberi e fabbricano carta.

Da notare il parallelo tra il cantante prelevatore e il cantante operaio.

Verso la fine l’operaio cantante non ne può più e inizia la rivolta. Rovescia i tavoli, dà fuoco ai soldi, incendia anche un settore, dando origine a un domino: il fuoco si allarga distruggendo tutto il bancomat, cioè il loro mondo.
Ritorniamo all’inizio: il cantante vuole prelevare contanti ma l’aggeggio gli da’ il messaggio “macchina non in servizio”.

Bello pensare che dietro a ogni attrezzo elettronico ci sia un altro mondo e che il loro lavoro consista nel far funzionare quell’attrezzo.
Questo mi fa venire in mente la frase di A. Clarke:

ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

Quindi, chissà mentre sto scrivendo al pc quale mondo c’è dietro.

LaB

sabato 15 gennaio 2011

Jovanotti, "Tanto tanto tanto" (2005)




"Tanto tanto tanto" o Tanto al cubo, come viene talvolta trascritta la canzone, è stato premiato nel 2005 come miglior video italiano. In effetti questo video rap minimalistico del Lorenzo nazionale, rispecchia bene nella sua semplice struttura la composizione della canzone, giocata su uno scambio di domande e brevi, fulminee risposte. Un piccolo Jovanotti, simbolo del cantante, si aggira sperduto simbolicamente in un deserto, che può rappresentare la desolazione dell'Italia contemporanea, allora alla fine del secondo mandato berlusconiano, dato che il cantante - icona pop della sinistra - affermerà nel corso della canzone di trovarsi "in Italia" e dichiarandosi "meno sereno di prima".

Ad ogni modo, l'improvvisa apparizione di un ciclopico Jovanotti gigante interamente vestito di bianco, con lunghi capelli e barba biondi e ricci dall'aspetto profetico, interverrà facendo tremare la terra coi suoi passi mettendosi ad interrogare la figura del cantante, che fornisce risposte monosillabiche ma non per questo meno efficaci, nelle ironiche rime baciate. "Che cosa fai? Lavoro. Che cosa cerchi? L'oro".

Il gigante afferra fra le mani il piccolo cantante e continua le sue domande, finché questi, risposto a tutte le sue interrogazioni, rovescia nel finale, in parlato, le domande che gli sono state poste, domandando al gigante: "E tu come stai?". Al che l'altro ammutolisce, con espressione perplessa.

L'interpretazione del video, semplice ma efficace, sono state molteplici. Alcuni hanno richiamato Gulliver, e si potrebbe ancora più coltamente parlare di Micromegas di Voltaire, mentre i più hanno inteso questo dialogo interiore tra Jovanotti e sé stesso come un dialogo con Dio, favorito dall'iconografia del gigante biondo, barbuto e biancovestito, oltre che dalla presenza nel deserto, luogo monoteistico per eccellenza. Inoltre anche il testo supporta tale ipotesi: "Rido di me, di te, e di tutto ciò che di mortale c'è": quindi una divinità distante, indifferente, al limite blandamente incuriosita dall'umano, mortale e distante dalla sua immensità.

I più colti hanno richiamato - correttamente - Leopardi, in particolare un'operetta morale come "Dialogo della Natura e di un Islandese", dove viene però rovesciato il tema centrale: là è l'uomo che interroga la Natura deificata, qui è il Jovanotti titanico (o meglio: un'entità sovrannaturale che assume l'aspetto del cantante) a chiedergli distrattamente ragione di chi è e che cosa fa.

In ogni caso, una distratta riflessione sulla vita, l'universo e tutto quanto come è tipica del nostro cantante toscano, sempre piacevole da vedere e, nel suo stile apparentemente disimpegnato, meno superficiale di quanto si possa credere a una prima visione. C'è un ultimo parallelo che mi sembra interessante individuare, anche se non cambia di molto la prospettiva di tale dialogo: la figura bianca potrebbe anche essere, come lo stesso Jovanotti, appunto un Cherubino: un Angelo, altra possibile manifestazione di quel Divino con cui Lorenzo dialoga e che, in questo caso, avrebbe una coerente ragione di mostrare il suo stesso volto.

Apollo 11

lunedì 10 gennaio 2011

MISSY ELLIOT "Work it" (2003)

Questa canzone è tratta dal 4° album della cantante Missy Elliott ed è dell’anno 2003.
L’atmosfera è piuttosto dark.

Il video inizia con il rapper collaboratore Mosley che risponde al telefono.
Poi mentre questo sta facendo il dj, sul vinile compaiono mosche.
Un riferimento al Signore del male, il Diavolo. Abbinato sempre alla figura, oltre le mosche, di cane nero, lupo, serpente, pipistrello o capra.
Poi ci ritroviamo in un parco giochi abbandonato, al buio e desertico. Pare quasi saltato fuori da qualche racconto di Stephen King e non mi stupirei se da un momento all’altro venisse fuori il clown di “It”.
La cantante arriva strisciando a terra. Richiama la figura del serpente.
Poi anche lei è alla consolle e viene in parte ricoperta dalle mosche.
Lei con quattro ballerini nel parco inizia il suo ballo.
L’atmosfera inquietante è palpabile.
Poi è da sola a ballare in una stanza: il pavimento è a scacchiera, bianco e nero. Chiara associazione con il concetto di bene e male, ying e yang.

Passiamo nuovamente nel parco e successivamente ci ritroviamo in un salone da parrucchiera, luogo che non si associa bene con il resto del video.
Dopo la cantante è a cena con uno. Questo la guarda attraverso un bicchiere e così facendo la vede più magra e più bella. A questo mi viene da associare la relatività e il bicchiere mezzo pieno.
La prima, ognuno ci vede in un suo modo ed è relativo la bellezza. Il secondo se noi osserviamo in positivo o negativo le cose.
Su un cofano d’auto compaiono Aaliyah e Lisa Lopes che all’epoca erano appena morte.

Nel parco la cantante balla con 5 ragazzine.
Questo mi richiama il romanzo “Il signore delle mosche”, del 1952, dove ragazzini (6 per la precisione di cui 2 gemelli) sono dispersi su un’isola deserta e prevale la legge del più forte. Ciò è ancora sottolineato da una scena: la cantante ,verso l’inizio, alla consolle ha come sfondo una parete di celle d’api.
La citazione viene dall’autore Golding (del romanzo suddetto) : “L’uomo produce il male come le api producono il miele”. Nel romanzo prevalgono istinti animaleschi sull’intelligenza.
Anche qui li troviamo: nel ritornello ci sono riferimenti sessuali.

Tutto nel parco sembra andato in rovina: le altalene, i cavalli a dondolo (che sono più rana e coccodrillo a dondolo), attrezzo per arrampicarsi, alberi spogli e rinsecchiti e terreno desertico.
Sembra che l’uomo più che progredire, regredisce.


LaB

giovedì 6 gennaio 2011

CHERYL COLE, "Promise this" (2011)


Per il nuovo anno e per stare a passo con i tempi analizzo un video nuovo e recente, del 2011.
Si tratta del video di Cheryl Cole, Promise this.

A essere sincera, riesce a farmi restare incollata allo schermo.

Incomincia con l’inquadratura di un orologio d’oro femminile e poi delle scarpe rosse con un vertiginoso tacco a spillo.
Scarpe che a me ricordano quelle di Dorothy ne “Il mago di Oz”.
Rosso poi è la tinta della passione e attrae di più. Rosso è anche il colore delle labbra, ricordando così che è una canzone d’amore.
Lei entra in una stanza con un uomo. Ci sono giochi di ombre.
Poi le sagome dei due sono su un balcone e piovono coriandoli neri. Questo si alterna con le loro ombre in una stanza: qui lui è seduto e lei in piedi, forse a simboleggiare una rivincita delle donne?
Poi sagome maschili che sono bianche, a dispetto di chi le immaginava nere.
Inizia il balletto del ritornello. Esso si alterna tra paesaggi: un balcone, un palco, degli alberi spogli e un cielo tetro e pare quasi un cimitero. In alcuni tratti ha qualcosa di romantico, in altri di gothic horror.
Nel balletto tiene delle calze a righe che arrivano fino alla coscia.
Mi rammenta la ragazza sbarazzina Pippi Calzelunghe. Però qui non c’è niente di allegro.
Molto bella la cantante in versione ballerina classica.

Cambio immagine e lei è sul balcone con un vestito rosso svolazzante, con tanto di gonna alzata. Il rosso viene richiamato. Questa scena sembra voler ricordare quella famosa di Marilyn Monroe nel film “Quando la moglie è in vacanza”: il vento arriva dal sotto di una grata e le solleva la gonna, lasciando vedere le gambe.
Le ombre dei ballerini saltanti vengono messe su uno sfondo di forme bianche e nere che paiono quasi illusioni ottiche: vedi immagini dentro altre immagini.
A un certo punto nel balletto, sullo sfondo dal centro verso i lati partono rami che si allungano, creando un’altra forma di illusione e di psichedelia in bianco e nero.
Lei col vestito rosso e dietro le nuvole corrono rapide. Per simboleggiare il tempo che scorre e per indicare che il trascorrere di esso è soggettivo.
In un altro punto avviene il contrario, i rami e alberi vengono come inghiottiti al centro (vedi foto in alto).
Alla fine compare lei, tutta vestita di bianco, in abito svolazzante. Ha punte o mezze punte da balletto ed è in una sorta di passé. Ha le braccia aperte e in posa come fosse arresa. Simboleggia per l’appunto l’allodola del ritornello.

“Allodola allodola allodola dispiega le ali”.

LaB

mercoledì 5 gennaio 2011

Jovanotti, "Tutto l'amore che ho" (2010)


Il nuovo video del mio omonimo Lorenzo Cherubini si distingue per essere il suo primo a richiamare visualmente l'immaginario dei film di fantascienza.

Il testo della canzone è basato sul solito tema sentimentale, ovviamente; ma la resa video, viceversa, è basata su un divertente mix di citazioni dai grandi classici dell'ultimo decennio.

Tutto comincia col nostro Lorenzo che guida per una città deserta, che ricorda "Fuga da Los Angeles"; all'improvviso viene inseguito da un autobus che lo aggredisce in una sorta di improvvisato Karmageddon (il tema dell'autobus assassino ricorda di più "Speed"; ma lì la pericolosità era involontaria).

Tre energumeni scendono dal mezzo e aggrediscono il nostro, che li vince a colpi di Kung Fu, in una citazione di Matrix che verrà presto confermata; incontrato un cane rabbioso (potenziale citazione da "Io sono leggenda" di Matheson, di recente trasposto al cinema) fugge sul tetto di un palazzo, dove è costretto a schivare i proiettili di una gang di nemici mascherati, saltando sullo sfondo delle cubitali lettere dell'Olimpia Hotel. Un nome di certo non casuale, dato che il fatto che il cantante sopravviva a una raffica di proiettili fa pensare che egli sia un Immortale, un semidio, ed è quindi logico che sia connesso al luogo stesso di residenza degli Dei.

La citazione di Matrix viene esplicitata dal fatto che il cantante risponde sparando col semplice gesto delle mani, prima di riprendere la fuga inseguito da un motociclista nero. Insomma, un ben pout purri di ipercinetica ultraviolenza da far contento Mad Max o altri apocalittici a piacere.

Del resto, questa vena scientifiction forse era presente in Lorenzo Cherubini fin dalle origini: fin da quando aveva cambiato il suo nome in una citazione giovanilistica che richiamava, inevitabilmente, i Giovanotti Mondani Meccanici nati nel 1984 a creare una sorta di improbabile futurismo cyberpunk italiano.

Apollo 11

domenica 2 gennaio 2011

Kate Perry & Timbaland, If we ever meet again (2010)

"If we ever meet again" di Timbaland - con la presenza di indubbio richiamo di Kate Perry - è una recente canzone basata su un video narrativo. Il testo è sostanzialmente una canzone d'amore piuttosto tipica; più interessante è invece la visualizzazione nel video, che rappresenta la realizzazione di un furto d'arte. Anche qui, situazione non assolutamente nuova (meno banale della storia d'amore, comunque), ma sviluppata in modo piuttosto interessante.

Un indizio in tal senso sembra il fatto che il quadro in questione, invece di un classico dipinto rinascimentale, sia un quadro chiaramente ispirato al dripping di Jackson Pollock, tecnica di action painting consistente nel lasciare liberamente sgocciolare (to drip) del colore sulla tela, dando così valore all'azione fisica del dipingere piuttosto che al contenuto visivo del quadro stesso. Tale tecnica, capostipite dell'espressionismo astratto, si contrappone nella seconda metà del novecento alla più fortunata e nota corrente della Pop Art, costituendo in sostanza l'opposto polo di sviluppo dell'arte contemporanea. Una citazione quindi non scontata, e non così universalmente nota, a segnalare la volontà di una certa originalità nello sviluppo del video.

Il video infatti inframmezza scene del duetto tra i due cantanti con immagini della storia, la quale traspone la vicenda amorosa della canzone nella narrazione del furto d'arte.

La scena inizia con la presentazione del quadro di Pollock in un museo che, forse non a caso, ospita una mostra sui samurai.

Vediamo infatti i due osservare interessati il dipinto alla sua presentazione; e notarsi anche l'un l'altro.

In una scena successiva, l'uomo quindi scopre dal telegiornale - condotto dall'apparentemente immaginario giornalista John Minters - che la donna che l'ha attratto alla presentazione del museo è una sospetta ladra d'arte.

Vediamo poi la donna entrare in azione, sottraendo il quadro di Pollock. Interessante notare che la scena del furto non è mostrata, ma solo lasciata intuire: vediamo la donna prepararsi, poi il dipinto sparito dal suo supporto davanti a un custode addormentato, quindi la donna abbandonare il quadro in una nuova locazione.

Nella scena successiva - dove, a complicare le cose, la cantante Kate Perry appare come comparsa - ci troviamo nella ricca villa dove è custodito il dipinto, rubato evidentemente su commissione. La donna, ospite nella villa, nota con aria che può sembrare di stupore (e forse preoccupata da un possibile collegamento) l'uomo che ha già visto e che, come ora vedremo, si reca a rubare la collana della proprietaria della villa stessa, nascondendolo poi in un cassetto di fronte all'arrivo della polizia.

Nuova scena: notiamo la donna che si prepara per un nuovo furto, poi lo stacco alla Sumi Gallery (Sumi è un termine giapponese per inchiostro, ed indica le opere d'arte grafica realizzate in questo stile), dove sono ospitati reperti della Shaian Art. Ma un custode si accorge del furto, telefona alla polizia e fa fermare l'uomo che, si trova lì: per compiere anch'egli il furto, o facendo da palo alla donna. I due dunque si conoscono, come comprendiamo ora.

Mentre l'uomo viene interrogato e sembra incastrato, la donna rimette a posto l'Uovo d'oro oggetto del furto, e lo fa così scagionare. I due quindi tornano nella villa, recuperano la collana nascosta e rubano, in più, il quadro di Pollock che aveva dato inizio a tutto.

Si conclude così la trama del video, piuttosto intricata e frammentaria. L'apparente casualità dell'incontro dei due amanti, sottolineata dal testo della canzone "If we ever meet again", come se l'incontro fosse stato casuale, potrebbe mascherare invece un piano preordinato, nella linea di una coppia Diabolik-Eva Kant.

Tuttavia, è anche possibile che l'incontro tra i due sia stato realmente casuale, e che si siano trovati a convergere casualmente sul luogo del furto d'arte, e che la rinuncia della donna al bottino sia un puro atto d'amore, a cui solo dopo consegue il furto in comune.

La voluta apertura del finale, possibile grazie alla forte frammentarietà del video stesso (la ricostruzione esatta della trama è piuttosto difficile per gli standard videomusicali, e richiede una visione piuttosto attenta atipica del medium), permette di leggere così la trama del video in sincrono o in contrasto col tema musicale. Una scelta interessante, che conferma la particolare attenzione allo strumento video di Kate Perry come artista musicale.

Apollo 11.